Tra le attività più significative, e forse inaspettate, che caratterizzarono nel passato il borgo di Stellata ci fu la bachicoltura, ovvero l’allevamento di bachi da seta. Questi piccoli animali, nell’immaginario comune, sono solitamente associati a terre lontane come l’Estremo Oriente, da dove essi furono importati in Europa a partire dal VI secolo d.C. A partire dall’epoca medievale, la produzione e il commercio dei tessuti in seta assunsero, un peso crescente in molti centri della penisola italiana, come ad esempio Bologna, Firenze e Venezia.
La storia ci dice che, in questo più ampio fenomeno, anche il territorio di Bondeno fece la sua parte. Allora l’area comprendente il borgo di Stellata, grazie alla sua posizione strategica a contatto con il Po e il Panaro e anche alle caratteristiche del terreno, era annoverata tra le zone più produttive del Ducato di Ferrara (poi Legazione pontificia), con particolare vivacità in questo settore dal XVI al XVIII secolo.
Basti pensare che, nel maggio 1606, il conte Ercole Pepoli, appartenente alla ricca famiglia bolognese che vantava allora il possesso della maggior parte dei beni del borgo, ordinò di intensificare la coltivazione nelle campagne, piantando 950 alberi tra salici, pioppi e gelsi. Questi ultimi erano l’alimento prediletto dei bachi da seta, i cui preziosissimi bozzoli venivano poi venduti ai negozianti locali che, a loro volta, li ridistribuivano alle manifatture di Ferrara; dai bozzoli si ricavava il filo per produrre la seta. Ancora oggi, all’Archivio di Stato di Bologna, si conservano i nomi e i documenti relativi a questo importante scambio, che, secondo alcune testimonianze orali, si mantenne vivo fino alla prima metà del ‘900, quando i bozzoli venivano raccolti e conservati nel cosiddetto Magazzino del Sale, dagli stellatesi chiamato magazinòn o granaròn.
L’attaccamento degli stellatesi a questa attività è inoltre testimoniato da una storiella che si diffuse durante e dopo il Ventennio, una sorta di barzelletta: per sfuggire ai controlli delle Guardie fasciste che vigilavano sulle piante di gelso, alcuni impavidi raccoglitori di legna, evidentemente non del tutto in regola, mettevano in atto un semplice “imbroglio linguistico” e dichiaravano di trasportare non il moraro, termine dialettale con cui si identificavano queste piante, bensì il gelso, usando il sostantivo in italiano che, a quanto pare, non era all’epoca particolarmente diffuso e noto.
All’illustre passato di Stellata si aggiunge dunque anche il legame con uno dei tessuti storicamente più pregiati, motivo di particolare stima per i suoi abitanti ancora nel secolo scorso, quando la scelta, da parte di alcuni proprietari terrieri, di abbattere gli alberi e abbandonare tali coltivazioni determinò non poche lamentele.